SERENA
POSSESSO DELL’ALTRO
E
AMORE
Lei mi dice : ”E’
che per me amare significa possedere tutto dell’altro, cioè sia il corpo, sia
la mente”.
A parte la
sensazione claustrofobica che, all’istante, mi ha presa alla gola, mi è stato
chiaro come l’illusione di una relazione fusionale la condanni al fallimento
sentimentale.
L’altro, infatti, non può
appartenerci mai, né è giusto, o tantomeno sano, possederne la mente.
Mi ricordo, a
tal proposito, il cartone animato “Goldrake” (per noi bambini negli anni
Settanta) in cui il grande cattivo Vega aveva sulla fronte una porticina a
battente che si spalancava di tanto in tanto, lasciando apparire, irata, la
madre!!!
Possedere
l’altro significa voler annullare la
distanza incolmabile tra il Sé e l’altro da Sé, per sfuggire alla sensazione
angosciante di solitudine e distanza, che, sempre ci separa…e ci rende liberi!
Possedere
l’altro, nell’epoca in cui la relazione è spesso filtrata attraverso lo
strumento tecnologico che virtualizza lo
scambio, significa, troppo frequentemente, trasformare l’altro da “diverso da
me “ e dunque interessante per crescere e confrontarsi, a “uguale a me” per
riconoscermi e non sentirmi tanto sbagliato o inadeguato…o solo.
D’altronde, tutto il marketing
digitale è fondato sulla contiguità, sulla somiglianza a se stessi.
Lo spam che ci
arriva cerca di seguire, ottusamente, la linea dei nostri interessi, facendoci
diventare sempre più uguali a noi stessi, fino a rinchiuderci in una gabbia
artificiale fatta di specchi, in cui le immagini degli altri che ci appaiono
sono semplici riflessi dei nostri desideri, o delle nostre aspirazioni, o delle
nostre convinzioni.
Così, è del tutto inutile essere
potenzialmente connessi ad infinite possibilità e potenzialità, quando ciò che
vogliamo è possedere per controllare, per riconoscerci, per reggere l’ansia
della differenza.
Adler diceva che
il nevrotico è colui che preferisce essere sovrano nella sua catapecchia, piuttosto
che sentirsi anonimo e disperso
aggiungerei io, nell’infinito mondo.
In più, si
dimentica che possedere la mente dell’altro è una responsabilità immensa, perché
il suo bene e il suo male dipenderebbe dal possessore.
Un’altra amica, molto
tempo fa, parlandomi del suo partner, mi diceva: ”Lui deve capire che o sta con
me o sta contro di me”.
Sono anni che stanno
insieme e lui appare totalmente disidratato, prosciugato, oltre che dipendente
da lei, dal suo riconoscimento.
Allora, son qui
che, tra una passeggiata in montagna e le ore trascorse al sole marino di
questa capricciosa estate, rifletto sul fatto
che il controllo e il possesso non nascono in alcun caso dall’amore per
l’altro, bensì dall’angoscia di solitudine e di isolamento.
L’amore non
c’entra mai, laddove mi arrabbio perché l’altro è diverso da me, ha tempi e
desideri differenti.
L’amore non è lo
specchio in cui rimirare la meravigliosità della propria immagine, del proprio
modo di pensare, di ciò che si fa.
L’amore è la più profonda occasione
che abbiamo di mettere in discussione noi stessi, di sradicarci nell’energia
vitale dell’intimità relazionale e nel
ritrovarci consolidati nella forza del sentimento.
Ed è una sfida
meravigliosa alle nostre paure più profonde, più ancestrali.
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