domenica 1 gennaio 2012

L’approccio narrativo in Diabetologia

FrancescoDammacco 
Responsabile del servizio di Diabetologia

OSPEDALE PEDIATRICO GIOVANNI XXIII 
DI BARI  

Laurea in medicina e master di formazione, prorettore dal 2000 dell’Università di Bari. La sua carriera universitaria si è svolta presso l’Istituto di clinica medica di Bari a partire dal 1976. Nel 1980 ha assunto la direzione dell’Istituto di Patologia Medica dell’Università di Bari. Dal 1996 al 2000 ha diretto il Dipartimento di Scienze Biomediche e Oncologia umana. Autore di numerosissime pubblicazioni scientifiche, nel 1989 ha pubblicato Immunologia in medicina (2 voll., Edi-Ermes). È redattore capo della rivista Clinical and Experimental Medicine e membro della Società italiana di Immunologia Clinica e dell’American Association of Immunologists.
Attualmente è presidente del Collegio nazionale dei docenti di Medicina Interna.

 
Ha al suo attivo numerose pubblicazioni e interventi su temi legati alla formazione del paziente con il diabete e al dialogo fra paziente e Team.



Alberto Pattono
 Giornalista professionista

 


Giornalista professionista, laureato in filosofia  teoretica all’Università di Milano, ha collaborato al Sole 24 Ore (come giornalista), a Mondo Economico (giornalista e traduttore di Business Week e Financial Times) prima di essere assunto come redattore a Il Mondo, dove ha coordinato gli inserti Fondi e Gestioni e Affari Personali. Ha scritto un libro sul factoring e uno sui college americani. Collabora da molti anni con Roche Diagnostics quale direttore editoriale di Moduse di alcuni siti web
 
Francesco Dammacco e Alberto Pattono
 
Autori del testo
 
"Autobiografia e pensiero narrativo"
 
L'empowerment del paziente diabetico

Nel dialogo con il paziente cronico, il terapeuta non può contare solo sul pensiero logico-scientifico. Ottenere l’empowerment, significa anche lavorare insieme sulla descrizione autobiografica che il paziente fa di se stesso e del suo diabete utilizzando gli strumenti del pensiero narrativo. Questo libro riassume gli approcci teorici elaborati negli ultimi due decenni dalla Psicologia culturale, propone alcune metodologie sviluppate nell’ambito di diverse scienze umane e approfondisce un approccio formativo e autoformativo sperimentato nell’ambito della Diabetologia pediatrica. Il tutto con l’obiettivo di stimolare – così come è avvenuto con l’Educazione Terapeutica – la riflessione fra i Team diabetologici italiani.  


Abstract

A che possono servire l’autobiografia formativa e il pensiero narrativo e le loro applicazioni nella formazione del terapeuta diabetologo o addirittura al paziente con diabete? A questo punto, però, bisogna, almeno, noi diabetologi, essere coerenti, se prima non lo si era stati. La parola imperante in questa fase della Diabetologia é: Educazione Terapeutica….. Il che significa semplicemente che il diabetologo deve formarsi anche una vocazione e capacità educativa specifica per educare il suo paziente diabetico all’autogestione. Non solo fornire conoscenze specifiche, non solo usare strategie comportamentali per migliorare la compliance, ma soprattutto un intervento integrato che consenta al paziente di fare scelte informate per l’autogestione della sua condizione. Ma tutto questo è possibile nell’ambito di una visione del trattamento del diabete che considera il paziente partner paritario, come l’empowerment.”(p.10).
la Diabetologia si trova all’avanguardia…. Prima disciplina a interrogarsi su cosa accade nel vissuto del paziente… Prima ad accorgersi dell’importanza di impadronirsi di nuove conoscenze, nuovi approcci – il counseling; l’ascolto attivo, il coaching, la gestione della motivazione – la Diabetologia è oggi in grado di fare un ulteriore passo avanti….. Il Medico oggi è davanti a una scelta chiara fra quello che in è definito ‘pensiero razionale’ e ‘pensiero narrativo’.. Si tratta di due approcci paralleli, non antitetici ma profondamente diversi. Il pensiero razionale in medicina è all’apice della sua parabola; ma curare una condizione cronica utilizzando il pensiero ‘logico-razionale’ è difficile. Le persone quando devono pensare a se stesse adottano l’approccio narrativo. Noi siamo la nostra storia e se vogliamo cambiare non dobbiamo modificare quello che sappiamo ma quello che diciamo o che viene detto di noi stessi. Curare, essere di aiuto a una persona che vive una condizione cronica significa anche aiutarla a modificare dei racconti, quelle narrazioni che governano i significati da lei attribuiti a se stesso, al cibo, al corpo, alla malattia…(p.14).
“Nella prassi di un Centro di Diabetologia, ad esempio, la condizione di una persona con la glicemia alta è ‘ascritta’ (cioè inserita nell’ambito più ampio) alla condizione più generale ‘diabete’. Le particolarità di ‘quella’ persona sono residuali: il fare scientifico procede per induzione, privilegia le comunanze e le somiglianze fra i vari fenomeni. Al contrario il pensiero narrativo approfondisce quanto avviene in quella persona, in ‘quel diabete’.(p.209).
“Quando racconta la sua ‘storia diabetica’, il paziente rivela a se stesso e nello stesso tempo conosce le proprie esigenze, necessità, sentimenti, emozioni rispetto alla propria condizione diabetica. In questo senso il racconto che il paziente fa del suo diabete è uno strumento privilegiato non solo per trasferire informazioni e vissuti al Team quanto affinché il soggetto acquisisca consapevolezza e costruisca il proprio Sé come soggetto capace di autogestire il proprio diabete(p.95).
“Il racconto di un paziente contiene spesso la narrazione di uno scacco, di un ‘problema’. La reazione del terapeuta non consisterà nel considerare irrilevante e nemmeno nel risolvere ‘deus ex machina’ il problema, quanto nel proporre punti di vista o interpretazioni alternative, agendo sui significati e sulle parole chiave utilizzate dal paziente. Nel dialogo, quindi, il contributo del terapeuta consiste più nell’aprire possibilità e interpretazioni che favoriscono il cambiamento e la crescita personale e meno nel prescrivere soluzioni. In questo lavoro – così come nell’insieme della relazione di empowerment – è necessario mantenere il più possibile all’orizzonte quel momento oggettivo che è la valutazione dei risultati (specialmente dell’emoglobina glicata che si presta a svolgere il ruolo di un giudice inappellabile della ‘salute’ del paziente o della sua ‘obbedienza’ alle cure).(p.98)
“Per convivere con il suo diabete, la persona deve attribuire un senso alla sua condizione, al suo mondo e alla sua vita. Egli deve, pertanto, dare un’interpretazione al suo mondo, deve attribuire dei significati.
L’attribuzione di significati avviene tramite il linguaggio, che diventa quindi il mezzo attraverso cui le persone interpretano e danno un significato alla loro vita…. Il processo di empowerment passa attraverso un lavoro sul racconto che prevede in primo luogo che questo racconto venga fatto, e che sia vero, cioè che in esso vengano riconosciute e accettate le sensazioni positive e negative del paziente (o del terapeuta). In secondo luogo, però, paziente e terapeuta devono essere pronti a riscrivere il loro racconto accettando punti di vista alternativi, ammettendo che quel vissuto, quella situazione si presta a letture differenti e in linea di principio egualmente valide. In questo senso paziente e terapeuta devono essere disposti a vedere nell’incontro l’opportunità per ‘riprendere’ inquadrature diverse della propria realtà diabetica.”(p.105-106)

“”Cuore di ogni sincera autobiografia è la continua rielaborazione dei significati dati alle cose(p.135)
“Proporre al paziente di redigere una autobiografia può apparire una richiesta sproporzionata o fuori luogo nel contesto della relazione di cura. Eppure la Diabetologia è un ambito che parte avvantaggiato in questo senso; il paziente è abituato a redigere un diario seppure quantitativo e soprattutto sa che l’oggetto dell’incontro periodico con il terapeuta non è un sintomo quanto la sua vita, il recente passato ‘liofilizzato’ nel dato dell’emoglobina glicata o riletto in ‘fast forward’ sul diario glicemico e soprattutto il suo futuro. Il Diabetologo è l’unico professionista con il quale una persona si trova abitualmente a discutere il suo passato recente e il suo futuro.(p.137)”

 “il paziente “esce dall’incontro con   in mano non una prescrizione ma un ‘nuovo racconto “
(francesco dammacco)
 

download del libro:


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