"La narrazione della confidenza con il cibo come nucleo interpretativo dei disturbi alimentari".

Vincenzo Masini
Dir. Prepos S.A.,
Scuola di Counseling Relazionale

Cristina Lencioni
Dip. Endocrinologia e Malattie del Metabolismo,
Univ. Pisa
lencicri@gmail.com
Abstract (p.15-26)
“Il cibo costituisce fin dall'infanzia uno dei principali veicoli delle relazioni: dal latte materno,che sta alla base dell'intelaiatura delle relazioni di appagamento e benessere individuale fino all’agape conviviale, il cibo è gratificazione, relazione, sicurezza, memoria e identità.
Primariamente investito dalla tenerezza della suzione, o dall'aggressività del mordere, fino al rifiuto-ribellione nei confronti del sistema familiare mediante abbuffate compensatorie o digiuni di protesta.
Il cibo può essere tossico o curativo, può suscitare timori, diffidenza, fobie, può consolare, calmare eccitare, sedare, può essere considerato alla stregua di una droga e dare dipendenza sia nel senso dell'eccesso che nel rifiuto.
Il rapporto con il cibo è fisiologicamente regolato dalla fame e dal gusto/disgusto. Quando questa regolazione dinamico-intuitiva salta, prende forma un valore emozionale e simbolico del cibo che è considerato il nucleo centrale delle patologie del comportamento alimentare (DCA).
Attraverso le storie è possibile leggere nelle diverse patologie un eccesso di proiezione dinamica (anoressia), un eccesso di sostituzione emozionale (bulimia e binge eating disorder), un eccesso di diffidenza simbolica (ortoressia).
Se ci interroghiamo sui motivi per un cui un alimento piace o non piace possiamo rintracciare nella nostra storia le esperienze che hanno determinato l’innesco del gusto e del disgusto, della accettazione e del rifiuto.
Tanto più la nostra individuale esperienza alimentare si è estesa senza traumi, tanto più siamo aperti ai sapori: da quello del latte materno fino, con l’aggiunta dell’agrodolce, ai formaggi ed alla carne, oppure con l’aggiunta del sale alle verdure, con l’aggiunta di zuccheri ai dolci ed ai carboidrati, ecc…quando il riconoscimento del gustonon è possibile può innescarsi la patologia alimentare.
L’essere malfidenti verso il cibo ed esercitare verso gli alimenti un rifiuto generalizzato è tipico di soggetti che hanno subito manipolazioni nel processo di mediazione affettiva che il cibo ha rappresentato.
La sensazione di essere stati rifiutati, e la interpretazione delle giustificazioni del rifiuto come manipolazioni, conduce ad un rifiuto generalizzato di sé, della propria crescita e l’emersione di una volontà perversa di annullamento.
Il sistema di confidenza con il cibo mette in atto una equilibrata formazione del desiderio di percezione del sapore.
Le storie alimentari sono un importante strumento per la rieducazione a riconoscere il gusto.
Il counseling alimentare ha come obiettivo quello di rieducare il paziente all'intuitive eating cioè al meccanismo spontaneo e innato di regolazione del comportamento alimentare che assicura l'assunzione dei cibi di cui un individuo ha bisogno per mantenersi in forma.
E' stato visto che gli individui che si alimentano in base a questo principio tendono a mantenere un peso corporeo adeguato per la loro struttura fisica in quanto sono in maggiore sintonia con le necessità del loro corpo. Queste persone tendono inoltre ad essere meno a rischio di abbuffate, consumo ossessivo di certi cibi, diete estreme o continua necessità di mangiare qualcosa.
La raccolta di storie sulla confidenza con i cibi e sul loro riconoscimento gustativo può diventare un utile esercizio terapeutico per ristabilire l’equilibrio alimentare”.
Primariamente investito dalla tenerezza della suzione, o dall'aggressività del mordere, fino al rifiuto-ribellione nei confronti del sistema familiare mediante abbuffate compensatorie o digiuni di protesta.
Il cibo può essere tossico o curativo, può suscitare timori, diffidenza, fobie, può consolare, calmare eccitare, sedare, può essere considerato alla stregua di una droga e dare dipendenza sia nel senso dell'eccesso che nel rifiuto.
Il rapporto con il cibo è fisiologicamente regolato dalla fame e dal gusto/disgusto. Quando questa regolazione dinamico-intuitiva salta, prende forma un valore emozionale e simbolico del cibo che è considerato il nucleo centrale delle patologie del comportamento alimentare (DCA).
Attraverso le storie è possibile leggere nelle diverse patologie un eccesso di proiezione dinamica (anoressia), un eccesso di sostituzione emozionale (bulimia e binge eating disorder), un eccesso di diffidenza simbolica (ortoressia).
Se ci interroghiamo sui motivi per un cui un alimento piace o non piace possiamo rintracciare nella nostra storia le esperienze che hanno determinato l’innesco del gusto e del disgusto, della accettazione e del rifiuto.
Tanto più la nostra individuale esperienza alimentare si è estesa senza traumi, tanto più siamo aperti ai sapori: da quello del latte materno fino, con l’aggiunta dell’agrodolce, ai formaggi ed alla carne, oppure con l’aggiunta del sale alle verdure, con l’aggiunta di zuccheri ai dolci ed ai carboidrati, ecc…quando il riconoscimento del gustonon è possibile può innescarsi la patologia alimentare.
L’essere malfidenti verso il cibo ed esercitare verso gli alimenti un rifiuto generalizzato è tipico di soggetti che hanno subito manipolazioni nel processo di mediazione affettiva che il cibo ha rappresentato.
La sensazione di essere stati rifiutati, e la interpretazione delle giustificazioni del rifiuto come manipolazioni, conduce ad un rifiuto generalizzato di sé, della propria crescita e l’emersione di una volontà perversa di annullamento.
Il sistema di confidenza con il cibo mette in atto una equilibrata formazione del desiderio di percezione del sapore.
Le storie alimentari sono un importante strumento per la rieducazione a riconoscere il gusto.
Il counseling alimentare ha come obiettivo quello di rieducare il paziente all'intuitive eating cioè al meccanismo spontaneo e innato di regolazione del comportamento alimentare che assicura l'assunzione dei cibi di cui un individuo ha bisogno per mantenersi in forma.
E' stato visto che gli individui che si alimentano in base a questo principio tendono a mantenere un peso corporeo adeguato per la loro struttura fisica in quanto sono in maggiore sintonia con le necessità del loro corpo. Queste persone tendono inoltre ad essere meno a rischio di abbuffate, consumo ossessivo di certi cibi, diete estreme o continua necessità di mangiare qualcosa.
La raccolta di storie sulla confidenza con i cibi e sul loro riconoscimento gustativo può diventare un utile esercizio terapeutico per ristabilire l’equilibrio alimentare”.
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