


In questi giorni, con l’avvicinarsi dell’autunno, penso al grigiore della nebbia, alle foglie gialle che cadono e all’avvicinarsi del mese di novembre. Mese triste che inizia con l’esaltazione di Ognissanti ed il ricordo di chi non è più tra noi. Per una volta l’anno l’inquietudine, il privilegio di essere uomini si esprime in questa corale pietà sulla nostra impotenza di vivi dinanzi al dolore del viaggio senza ritorno. Ma nulla nella vita è un addio se qualcuno ci ama. Il ricordo che possiamo lasciare dipende da ciò che siamo riusciti a donare nella semplicità ed umiltà di ogni giorno e nessun dono è più grande di quello di dare la propria vita per gli altri: è come aver moltiplicato la propria. Pensiamo a coloro che si sono sacrificati per la Patria, eroi spesso anonimi sempre spinti da una motivazione onesta, dal desiderio di proteggere il proprio paese, la propria gente, e a coloro che sono morti in operazioni di servizio per difendere la dignità dell’uomo e la sua convivenza civile. Certo, l’impatto immediato della morte è crudele e ci priva, all’improvviso, di un bene prezioso che ci fa sentire orfani e so, senza patri che ci fanno scudo e ci proteggono. C’è, però, la promessa della resurrezione, venuta da duemila anni fa, a restituirci la speranza di una vita immortale, unico pegno di continuità che esalta la volontà di sopravvivere e ci rende il trapasso meno triste, pensando che incontreremo Colui che giudicherà la nostra vita terrena e con la sua infinita bontà, anche se non siamo stati perfetti, ci accoglierà come ha accolto il ladrone pentito sulla croce accanto a Lui.


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