sabato 29 marzo 2014

IL COMMENTASTORIE DI SERENA


SERENA


Prima di tutto vennero a prendere gli zingari e fui contento perché  rubacchiavano.
 
 Poi vennero a prendere gli ebrei e stetti zitto perché mi stavano  antipatici.
 
 Poi vennero a prendere gli omosessuali e fui sollevato perché mi erano fastidiosi.
 
 Poi vennero a prendere i comunisti ed io non dissi niente perché non ero comunista.
 
 Un giorno vennero a prendere me e non c'era rimasto nessuno a protestare.”
 
 
 
 Bertolt Brecht

 
 
 


Quando avevo 17 anni lessi “Gli indifferenti” di Alberto Moravia e mi gelò il sangue constatare che la medesima orribile indifferenza della protagonista mi apparteneva.

Ero capace di estraniarmi totalmente dalla coscienza del mio dolore e scinderlo da me, per non precipitarci dentro.

Ovviamente solo la maturità mi ha dato la coscienza chiara di non essere un “cuore di ghiaccio”, come spesso ha voluto farmi credere mia madre, per potermi spremere come un limone affettivo, per potersi lei, riconosciuta come debole, appoggiare su di me con tutto il peso della sua depressione.

Oggi, ultraquarantenne, raggiungo, al contrario dei miei 17 anni, con estrema facilità picchi di dolore profondissimi  e non scappo e li chiamo con il loro nome e li assaporo attraverso una densità emotiva che qualcuno chiama “spessore umano”.

Di quell’antica anestesia emozionale, che qualcuno curò, rimane solo la mia quasi assoluta impossibilità di piangere in qualunque circostanza, anche quando il mio corpo, somatizzando, grida rabbia e dolore.

E leggendo queste riflessioni di Brecht sono stata incredibilmente felice di dirmi:

“Io non sono così. Io sono capace di senso etico e di combattere contro un’ingiustizia, di combattere anche contro chi amo per vedere rispettato il diritto di tutti ad esser liberi e felici”.

 

(Testimonianza rielaborata di una ex paziente)

 

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