BIOGRAFIE D’ARTISTA
OGNI ARTISTA HA UNA FAVOLA SPECIALE.
Storia dell'arte è la materia che studia i fenomeni artistici avvenuti lungo la linea del tempo. Non è, come erroneamente pensata, una di quelle discipline popolata da eccentrici che disegnano, scolpiscono e si vogliono distinguere dalla massa. Essi pensano. Già il termine “storia” indica i presupposti scientifici e l'approccio che dobbiamo avere nei suoi confronti. Come per la datazione “stratigrafica” in archeologia dove generalmente l'oggetto posto più in profondità è il più antico, così, in un certo qual modo, dobbiamo procedere quando si parla di storia e biografia dell'artista. Mi spiego: la cronologia assoluta, ovvero quella relativa ai fatti della Storia, condiziona l'artista e quindi entrambe sono assolutamente concorrenti tra di loro procedendo di pari passo. L'una è la linfa vitale dell'altra, è quella che dà stimolo e approccio alla vita in senso psicologico e quindi espressivo. Abbiamo perciò una linea cronologica assoluta che corre nel corso dei secoli e una relativa alla vita e al vissuto della persona. Come mai voglio dire questo? Per far capire le caratteristiche che servono per una ricerca storico-artistica che vuol far apprezzare la figura di un poeta dell'arte o un movimento culturale. Inoltre, per far capire l'arte ai non addetti ai lavori è più avvincente, secondo me, come fosse un “pettegolezzo”, raccontare le gesta e il vissuto di una personalità piuttosto che ricoprire l'auditorium di dati e dati che poi verranno mal archiviati nella mente: la vita di ognuno di noi è una storia che va e può essere raccontata senza timore e con semplicità ricollegandola sempre alla situazione politica, sociologica ed economica di quel periodo. Quando si parla di arte del passato, bisogna sempre tenere uno sguardo rivolto al background che gli artisti avevano: i potenti commissionavano opere d'arte per accrescere il loro prestigio spesso corredate da contratti dove si stipulava la quantità e qualità dei materiali da usare come nel caso delle tavole devozionali. Certamente, quello che sta alla base del pensiero di ogni artista è quella voglia di non tralasciare le gesta compiute e aumentare il suo status symbol e in un certo qual modo arrivare all'immortalità come cantata da Platone dove il libro scritto e la memoria garantiranno una lunga vita nel corso dei secoli. Ogni libro, ogni scritto, ha voglia di parlare e sta a noi dargli questa soddisfazione e stessa cosa accade per le opere d'arte visto che anch'esse sono linguaggi. Chi è a contatto con molti creativi sa che è loro vezzo quello di auto-elogiarsi e passare per i migliori sulla scena, ma nella critica serve molta oggettività. Gombrich, grande storico dell'arte austriaco, in “Arte e progresso” dice che “[...] Michelangelo non vale più di Giotto, bensì è soltanto diverso” e prosegue dicendo “[...] mi sembra che valga la pena isolare le diverse concezioni dell'idea di progresso che hanno prodotto una certa confusione nel linguaggio.[...]” e quindi ogni artefice dell'arte va preso in considerazione senza pensare che uno sia migliore dell'altro, ma che ognuno è figlio del suo tempo e del suo vissuto.
Molti di questi racconti sulla vita hanno una base di partenza romanzata andando a scomparire con l'avvento del romanticismo, ma soprattutto con la psicoanalisi che andrà a vedere in questa forma di racconto una base di partenza alla cura del paziente come nel caso della “Coscienza di Zeno”. Altro esempio che mi viene da citare è quello riguardante la Commedia di Dante dove è sempre presente quell'accenno alla sua biografia senza il quale non avrebbe potuto mettere in scena la sua opera donandogli così la commistione tra dato assoluto e dato personale di uomo che era immerso nella vita della Firenze comunale. “Biografie urlate” e alcune “sussurrate”: quest'ultime si percepiscono dall'opera che si ha davanti a noi e quindi ribadisco il fatto che il prodotto di ogni artista, di ognuno di noi, è il risultato di quello che è stato vissuto sul piano personale ed è perciò il nostro bagaglio di esperienze del vissuto.
Le cosiddette “biografie sussurrate”, come anche lettere, documenti d'archivio, iscrizioni (ecc..) sono da considerarsi materiale prezioso alla ricostruzione di una biografia.
Scendo nei dettagli facendo una scelta di autori del mondo moderno includendo anche una cernita di brani.
Frontespizio Vite del Vasari 1568
Il primo e organico testo di storia dell'arte è “Le vite dei più eccellenti pittori, scultori et architettori” di Giorgio Vasari la cui ultima versione, la “torrentiniana” è datata al 1568. Dopo varie edizioni, la prima fu la “giuntina”, l'autore ci consegna un corpus mastodontico dove racconta la vita e le opere di artisti, andando a coprire un arco temporale che va da Cimabue fino alla sua autobiografia. Narrò, partendo dal Medioevo, arrivando fino alla Maniera Moderna. La voglia di iniziare un lavoro così ardito fu certamente stuzzicata da un'opera che era in voga in quegli anni ovvero “Elogio degli uomini illustri” di Paolo Giovio, ma che certamente in quanto a scientificità non era l'asso, proprio perché la caratteristica dell'opera gioviana era quella di racconto farcito di pettegolezzo e quindi poco veritiera e poi, inoltre, Vasari, sapeva bene come raccontare di arte visto ch'egli era pittore e architetto e quindi uno del settore. La critica che molti studiosi hanno fatto all'opera, tutt'ora usata come testo di studio, è quella che riguarda la veridicità sui racconti degli artisti a lui non contemporanei dov'è ammesso quell'alone di leggenda andando così a colmare la mancanza di dati veri, ma certo questo non vuole sminuire tutto il volume che dette inizio all'uso di termini come “Gotico”, “Rinascimento” o “Maniera Moderna”. Così si apre la sua autobiografia: “Avendo io in fin qui ragionato dell’opere altrui, con quella maggior diligenza e sincerità che ha saputo e potuto l’ingegno mio, voglio anco nel fine di queste mie fatiche raccòrre insieme e far note al mondo l’opere che la divina bontà mi ha fatto grazia di condurre; perciò che, se bene elle non sono di quella perfezzione che io vorrei, si vedrà nondimeno da chi vorrà con sano occhio riguardarle, che elle sono state da me con istudio, diligenza et amorevole fatica lavorate, e perciò, se non degne di lode, almeno di scusa; sanzaché, essendo pur fuori e veggendosi, non le posso nascondere. E però che potrebbono, per aventura, essere scritte da qualcun altro, è pur meglio che io confessi il vero, et accusi da me stesso la mia imperfezzione, la quale conosco da vantaggio; sicuro di questo, che se, come ho detto, in loro non si vedrà eccellenza e perfezzione, vi si scorgerà per lo meno un ardente disiderio di bene operare, et una grande et indefessa fatica, e l’amore grandissimo che io porto alle nostre arti.[...]”.
Michelangelo, Crocifissione Colonna
Autobiografiche e intime sono le “Rime” di Michelangelo Buonarroti. Una figura artistica a tutto tondo: scultore, pittore, architetto e anche poeta. Certamente da questi scritti, pubblicati postumi dal nipote nel seicento applicando anche delle modifiche, esce quella componente autobiografica e più intima dell'artista che tanta ammirazione e amore provava per la bellezza dei corpi, per il loro essere perfetti come immagine divina e mai volgari. Muscoli e carne come un amore alto, l'essere emblema di un grande progetto sovrumano. Molti studiosi confermano la lezione dantesca e petrarchesca motivata anche dal fatto che Michelangelo era solito frequentare i cenacoli degli umanisti tra cui quello di Marsilio Ficino e quindi la riscoperta della classicità intesa anche in senso lato come perfezione e pulizia delle forme. E' uno sfogo privato e dilettantistico quindi maggiormente interessante. Amore e peccato è l'eterno dualismo che si evince dagli scritti del Buonarroti è altresì la base di grandi eterne lotte interiori dal grande sapore romantico e poetico. Sappiamo che dentro ad ogni artista c'è un altro mondo interiore che spesso è in contrasto con quello esteriore ed emerge così infine il sottile e necessario nesso tra artista e opera essendo talvolta criptiche sulla figura dell'amato. Riporto, chiudendo così con Michelangelo, un sonetto:
Dal dolce pianto al doloroso riso,
da una etterna a una corta pace
caduto son: là dove ’l ver si tace,
soprasta ’l senso a quel da lui diviso.
Né so se dal mie core o dal tuo viso
la colpa vien del mal, che men dispiace
quante più cresce, o dall’ardente face
de gli occhi tuo rubati al paradiso.
La tuo beltà non è cosa mortale,
ma fatta su dal ciel fra noi divina;
ond’io perdendo ardendo mi conforto,
c’appresso a te non esser posso tale.
Se l’arme il ciel del mie morir destina,
chi può, s’i’ muoio, dir c’abbiate il torto?
da una etterna a una corta pace
caduto son: là dove ’l ver si tace,
soprasta ’l senso a quel da lui diviso.
Né so se dal mie core o dal tuo viso
la colpa vien del mal, che men dispiace
quante più cresce, o dall’ardente face
de gli occhi tuo rubati al paradiso.
La tuo beltà non è cosa mortale,
ma fatta su dal ciel fra noi divina;
ond’io perdendo ardendo mi conforto,
c’appresso a te non esser posso tale.
Se l’arme il ciel del mie morir destina,
chi può, s’i’ muoio, dir c’abbiate il torto?
Dettaglio deposizione del Pontormo
La biblioteca nazionale di Firenze, conserva il diario di Jacopo da Pontormo pittore vissuto tra il 1494 e il 1557 e al secolo Jacopo Carrucci. Chiamato anche “Il libro mio”, sta a significare la personalità e l'attaccamento all'opera scritta dall'artista, ma soprattutto è un vero e proprio diario anche molto piacevole da leggere. Emerge la sua personalità di vero ipocondriaco e uno a cui ne succedevano di tutti i colori e quindi non ha alcun tipo di velleità artistica questo scritto motivato anche dalla presenza di molte abbreviazioni quasi a far intuire un codice che solo egli capiva e doveva capire e forse anche dalla velocità con la quale veniva scritto. Riporto qualche passo:
“adì 7 in domenica sera di genaio 1554 caddi e percossi la spalla e '1 braccio e stetti male e stetti a casa Br[onzin]o1 sei dì; poi me ne tornai a casa e stetti male insino a carnovale che fu adì 6 di febraio 1554.”; “adì 19 d'ottobre mi sentivo male cioè inf redato e dipoi non potevo riavere lo spurgho, e con gran fatica durò parecchie sere uscire di quella cosa soda della gola, come alle volte io ho hauto di state; non so s'è stato per essere durato un buon dato bellissimi tempi e mangiato tuttavia bene. e adì detto cominciai a riguardarmi un poco e duròmi 3 dì 30 once di pane, cioè 10 once a pasto, cioè una volta el dì e con poco bere: e prima adì 16 di detto imbottai barili 6 di vino da Radda. [...]”; saltiamo al 1555: “mercoledì adì 20 fornii el braccio di venerdì e lunedì; inanzi havevo fatto quello busto e '1 martedì feci la testa di quello braccio che io dico. giovedì mattina mi levai a buon'ora e vidi sì mal tempo e vento e fredo che io non lavorai e mi stetti in casa. venerdì feci quello altro braccio che sta atraverso; e sabato un poco di campo azurro che fumo adì 23 e la sera cenai 11 on[ce] di pane, dua huova e spinaci.”; “mercoledì feci quello resto del putto e ebi disagio a quello stare chinato tucto dì, di modo che mi dolse giovedì le rene; e venerdì oltre al dolermi ebi mala dispositione e non mi sentii bene e la sera non cenai e la mattina, che fumo adì 29 1555, feci la mano e mezo el braccio di quella figura grande, el ginochio con uno pezo di gamba dove e' posa la mano, che fu el venerdì detto e la detta sera non cenai e stetti. Dpgiuno] insin al sabato sera e mangiai 10 on[ce] di pane e dua huova e una insalata di fiori di borana.”
Cellini, Saliera di Francesco I di Francia
Benvenuto Cellini, 1500-1571, scrisse nove anni prima della sua morte “Vita di Benvenuto di Maestro Giovanni Cellini fiorentino, scritta, per lui medesimo, in Firenze”. È opera fresca, vivace e spontanea la quale racconta la vita di un artista dalla travagliata storia acuita anche dalla condanna di sodomia. Un linguaggio colloquiale e schietto fanno la fortuna dell'opera pensata forse più come un'apologia. Così recita il proemio: “Tutti gli uomini di ogni sorte, che hanno fatto qualche cosa che sia virtuosa, doverieno, essendo veritieri e da bene, di lor propria mano descrivere la propria vita”.
Si chiude così questo piccolo viaggio all'interno del mondo delle biografie d'artista, ma potrebbe proseguire fino ai giorni nostri. Quella che ho fatta è stata una scelta forse basata sui casi più “eclatanti”, ma vi invito a vedere in ogni opera d'arte la personalità e la biografia del suo artefice perché esse sono il vissuto e il trascorso di chi le fece.
Sono nato nel 1987. Vivo a Firenze da quando mi sono iscritto alla Facoltà di Lettere e Filosofia indirizzandomi verso studi storico-artistici. Dipingere e fotografare sono una mia grande passione e sono riuscito ad esporre alcune opere. Nel 2011 ho fatto parte della redazione de “Il Nuovo Mediavalle-Garfagnana”. Attualmente scrivo per “Il Giornale di Barga News”.
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