martedì 10 gennaio 2012

L’adolescente e il diario personale :
l’autobiografia a scuola
come educazione alla scrittura di sé

Carmela Mantegna




 L’insegnamento della scrittura di sé, comunemente definita come autobiografia, non fa parte della prassi educativa in nessun ordine scolastico. In genere, gli adolescenti in maniera quasi naturale scelgono di raccontare ad un diario tutto il delicato passaggio dalla fanciullezza all’adolescenza, per cui sono lasciati soli a vivere “ quei tre fenomeni – di cui parla il Prof. Masini - di importanza vitale per lo sviluppo delle relazioni affettive: la scoperta dell’amicizia, l’innamoramento e la visione critica del mondo degli adulti”. E’ fondamentale, pertanto, che, anche la scuola, si prepari a riconoscere e ad accogliere questo tipo di esigenza narrativa creando un Laboratorio di scrittura del sé inteso come uno spazio meta-scritturale e meta-rappresentativo, un setting autobiografico, in cui i giovani possono raccontare le loro esperienze i propri vissuti, i propri bisogni e disagi e le loro attese….
 Il Laboratorio di scrittura autobiografica è un laboratorio per imparare a raccontarsi per formarsi, per apprendere a scrivere la propria storia di vita come asse di formazione personale, come scrivere di me, cosa scrivere di me per conoscermi e per farmi conoscere meglio. E se la difficoltà fosse rappresentata proprio da questo me? Scrivere la propria vita permette di scoprire nuove conoscenze su di sé, consente un nuovo bilancio delle proprie competenze sociali, del proprio vissuto emotivo, del proprio sviluppo personale.

“E’ necessario, – avverte Carotenuto- via via che ci sviluppiamo, che qualcuno ci insegni ad ascoltare la “voce interiore”; o meglio, ci “autorizzi”, ci insegni a considerare legittima la voce del Sé” .( A. Carotenuto, Vivere la distanza, p. 157)


Entrare in autobiografia non è un esercizio di scrittura semplice, le parole non bastano e non traducono se prima non riusciamo a stabilire un contatto con noi stessi al punto da sentire, da sperimentare il sapore di noi stessi e, una volta gustato questo sapore, inventare nuove espressioni per esprimerlo.

Lo psicanalista Carotenuto, portando ad esempio il caso del poeta francese Joë Bousquet, riconosce:” l’intima connessione tra processo d’individuazione e linguaggioed osserva“come la trasformazione della personalità possa passare anche attraverso lo strumento linguistico e la sua modificazione. Non è un caso che Joë Bousquet, dopo l’incidente, rielabori completamente il suo linguaggio e comprenda le immense potenzialità liberatorie della parola, quando la si faccia oggetto di una ricerca particolare. L’atto di scrivere assume valenze rituali, diviene il rito per eccellenza della iniziazione al mistero della propria esistenza, e dell’ esistenza dell’uomo in generale” (A.Carotenuto, I sotterranei dell’anima, op. cit. p. 175)

Scoprire “le immense potenzialità liberatorie della parola, è trasferire alla parola tutti i pensieri più reconditi, più nascosti. Ma perché la parola possa liberare è indispensabile liberarla .
 

 Liberare la parola, liberare la scrittura è educere il discorso interiore, lasciargli dire il non detto, il taciuto, il sommerso, riconoscergli il diritto di portar fuori tutte le emozioni, di chiamarle per nome, fargli riconoscere tutti i copioni verbali, i luoghi comuni, le frasi fatte, le abitudini mentali, le corde invisibili che continuano a legarlo, le parole indotte e soffertamene mentalizzate che lo chiudono in una paura da controllo, che lo caricano di rabbia, o lo costringono ad un distacco  di difesa, bloccandolo nel suo incontro con la verità.lo intrappolano in una instabilità emotiva e angoscia costante, lo irretiscono nell’apatia destabilizzante o in uno stato di completa invisibilità o peggio ancora in un attaccamento agli altri che non lo rende mai autonomo.

 Perché la scrittura tradisce e traduce anche essa dei copioni, dei campi semantici ripetutamente rivisitati dalla stessa sintassi esistenziale.

Perché, finalmente, anche la scrittura porta le tracce di un vissuto, anche le nostre parole recano l’impronta di un nostro modo di vivere. Liberare la scrittura, liberare la parola diventa, allora, un impegno di crescita e una scelta etica di restituire alle nostre parole quella verità a cui da sempre sono chiamate perché in ciò sta la loro ragione di essere.

Ma non si dà parola libera e liberante, non può esserci scrittura autobiografica autentica se non si sciolgono i nodi invisibili che legano il discorso interiore.

La scrittura autobiografica è finalmente una scrittura autoanalitica e “– Le parole dell’autoanalisi– come osserva Duccio Demetrio-….sono vere e proprie chiavi esistenziali ; sono parole per pensare di più…”(D. Demetrio, Autoanalisi per non pazienti. Inquietudine e scrittura di sé, p. 225).

La ricerca pedagogica peculiare al Counseling Relazionale del modello di Prevenire è Possibile  mira alla qualità di un processo educativo che non discrimina la normalità”dalla “patologia”…ma si ferma sulla “armonia attualedel soggetto per interpretare ,per capire il suo orientamento e prevenire  lo stallo di alcune abitudini mentali. “.(V. Masini ,ibid. p. 117 -  118).   


E’ necessario riconoscere i copioni .Il Professor Masini esplicita la sua interpretazione di copione affermando :”. L’artigianato educativo non descrive i multipli processi di introiezione,né individua luoghi interni in cui l’introiezione si colloca, perché si dedica al contenuto specifico di ciascun copione(singolo, associato o multiplo)considerando gli schemi attivati nel sé come proprietà naturali derivate dalle emozioni prototipiche”.(ibid.p.184).

E’ possibile, attraverso gli atti linguistici, mi riferisco alla scrittura autobiografica, rinvenire dei copioni, delle “modalità che sono servite nel passato al bambino, è possibile riconoscere e dare un  nome a quelle emozioni di base che hanno determinato i movimenti, le transazioni dei diversi stati dell’io, tuttavia, un simile percorso  richiede una grande integrità a livello discorsivo, una integrità che è sinonimo di libertà da quelle corde invisibili che ci legano dentro.

Entrare in autobiografia è accorgersi di entrare in un processo di trasformazione linguistica perché a mano a mano che il racconto di sé assottiglia il legame con ciò che siamo stati, ci accorgiamo di avere davanti a noi una persona con un abito nuovo, o meglio con i suoi veri abiti.

Il Counselor deve accompagnare nel processo della presa di decisione e nell’elaborazione del proprio progetto di vita.(abstract )

 
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