
CARMELA MANTEGNA
In ascolto di me
Io non ho avuto orecchi fino ad ora
per abbracciare quelle gementi voci dentro di me
Non ho avuto occhi per scavare nei sotterranei
Non ho avuto parole per dare un nome al sudore dell’anima
Non ho avuto mani per accogliere i pensieri sommersi
Mentre la vita mi attraversava come un fiume in piena.
(Vite nella Vita, Carmela Mantegna)
Innamorarsi della parte ignota
Nella presentazione dell’11° Convegno di Prevenire è possibile svoltosi a Grosseto nel Febbraio del 2004 sul tema "Gli strumenti del Counseling", troviamo una interessante definizione di Counseling che aiuta a sviluppare le ulteriori riflessioni sull’argomento che ho deciso di trattare.
“La traduzione di COUNSELING è letteralmente consulenza. COUNSELING è molto di più, significa ascoltare, supportare, sostenere, orientare, significa educazione di sé e degli altri, crescita di consapevolezza…
“Lo scopo del convegno è quello di raccogliere le esperienze e i processi di lavoro del counselor nelle diverse situazioni di attività in cui svolge il suo compito ……: ascolto, orientamento, empatia, motivazione, percorso, analisi, emancipazione, intuizione, potenziamento e sostegno.
Se chiedi consigli la gente ti dice ciò che vuoi sentirti dire, un counselor ti dice probabilmente il contrario, e cioè: ciò che hai bisogno che ti venga detto.
COUNSELING significa uscire dalla banalità che porta a dimenticare che ogni incontro con un uomo è diverso, anche se è uguale. E ti spinge ad esplorare qualcosa che è il lui ed è in te, con una parte che si dischiude a te con una sua originale novità. Scomoda perché ti forza verso altre aperture. Per dare consigli giusti bisogna innamorarsi almeno un po’: di quella parte ignota nell’altro”.
Volutamente ho scritto in grassetto alcune affermazioni della citazione che vengono ulteriormente esplicitate nel Dizionario essenziale di counseling
Se io dovessi tradurre in francese il termine Counselor, il soggetto che fa counseling, lo renderei con écouteur d’âmes, ovvero colui che si pone in ascolto della sua anima e delle anime dei suoi clienti, perché non è possibile innamorarsi della propria parte ignota, della parte ignota dell’altro, non è possibile realizzare i propri desideri ne’le finalità desiderate dai clienti se non si pone l’orecchio interiore in ascolto della propria anima e dell’anima dell’altro. Si tratta di diventare dei soggetti ob audientes, ubbidienti ad un messaggio intercettato dalle viscere di una misericordia che è piantata nel cuore dell’uomo, il cuore che è il centro della vita, la memoria di ogni relazione, di ogni dialogo, di ogni ascolto.
Ciò che è ignoto non si svela, non toglie il velo del suo segreto se non nasce un innamoramento nel profondo, se non si impara a riconoscere e a gustare il sapore di sé e il sapore dell’altro e da quel sapore partire per inventare nuovi innesti di sapori che non cancellano quello originario, ma lo aprono a fragranze inesplorate.
“L’anima” - afferma Bousquet,”è analoga alla mano : come la mano è strumento di strumenti”[2].
Ma che cos’è la parte ignota se non l’ombra,quella zona inesplorata che chiede di essere ri--conosciuta? “…la parte più oscura del nostro essere, l’aspetto notturno della nostra personalità, che solo la carica dirompente delle emozioni può farci conoscere”[3],ciò che il poeta francese Joë Bousquet definisce come il sole sotterraneo, la luce che rimane nascosta dietro quel muro di oscurità che noi stessi abbiamo alzato, quella luce che cerca una breccia possibile attraverso quel muro per poter uscire.
Innamorarsi della propria parte ignota è imparare a riconoscere quella corda invisibile che ci impedisce di scavare quella breccia per liberare la propria luce, per sentire il sapore della propria luce, liberarsi per aiutare, poi, gli altri a liberarsi : l’écouteur d’âmes, il counselor lavora su se stesso prima di poter lavorare sugli altri, prima di poter offrire counseling come diaconia alla persona.
Ed è un lavoro di riconoscimento di se stesso, innanzitutto, è un situarsi nel mondo in modo consapevole. ”L’atto di fede in se stessi – scrive A.Carotenuto (op.cit.p.127) è un salto di qualità formidabile, che presuppone la capacità di riconoscere che ognuno ha bisogno soprattutto di se stesso, che ognuno è la prima persona in grado di aiutarsi. E’ un passaggio psicologico molto importante per l’acquisizione di un’autonomia personale”. Il counselor deve imparare ad educarsi e ad educare aprendo cammini di libertà nella convinzione che la libertà è il trasversale assoluto in ogni percorso di maturità e di crescita.
“Essere counselor - scrive la psicologa Emanuela Mazzoni- significa anche questo; entrare in contatto con una persona tanto velocemente quanto intensamente, accendere una discussione importante, confrontarsi e poi lasciare che la persona faccia la sua scelta e trovi in se stessa le risorse per metterla a regime. Non risolvere il problema, ma insegnare a farlo, in poco tempo, con grande precisione. Evitando di condizionare esercitando pressioni reiterate nel tempo (come nella propaganda e nella pubblicità, o come insegnano le tecniche di condizionamento mentale) ma solamente offrendo una visione alternativa.”[1]dove al lemma Counseling si legge : ”Relazione d’aiuto che muove dall’analisi dei problemi del cliente, si propone di costruire una nuova visione di tali problemi e di attuare un piano di azione per realizzare le finalità desiderate dal cliente(prendere decisioni, migliorare relazioni,sviluppare la consapevolezza, gestire emozioni e sentimenti, superare conflitti).
“La traduzione di COUNSELING è letteralmente consulenza. COUNSELING è molto di più, significa ascoltare, supportare, sostenere, orientare, significa educazione di sé e degli altri, crescita di consapevolezza…
“Lo scopo del convegno è quello di raccogliere le esperienze e i processi di lavoro del counselor nelle diverse situazioni di attività in cui svolge il suo compito ……: ascolto, orientamento, empatia, motivazione, percorso, analisi, emancipazione, intuizione, potenziamento e sostegno.
Se chiedi consigli la gente ti dice ciò che vuoi sentirti dire, un counselor ti dice probabilmente il contrario, e cioè: ciò che hai bisogno che ti venga detto.
COUNSELING significa uscire dalla banalità che porta a dimenticare che ogni incontro con un uomo è diverso, anche se è uguale. E ti spinge ad esplorare qualcosa che è il lui ed è in te, con una parte che si dischiude a te con una sua originale novità. Scomoda perché ti forza verso altre aperture. Per dare consigli giusti bisogna innamorarsi almeno un po’: di quella parte ignota nell’altro”.
Volutamente ho scritto in grassetto alcune affermazioni della citazione che vengono ulteriormente esplicitate nel Dizionario essenziale di counseling
Se io dovessi tradurre in francese il termine Counselor, il soggetto che fa counseling, lo renderei con écouteur d’âmes, ovvero colui che si pone in ascolto della sua anima e delle anime dei suoi clienti, perché non è possibile innamorarsi della propria parte ignota, della parte ignota dell’altro, non è possibile realizzare i propri desideri ne’le finalità desiderate dai clienti se non si pone l’orecchio interiore in ascolto della propria anima e dell’anima dell’altro. Si tratta di diventare dei soggetti ob audientes, ubbidienti ad un messaggio intercettato dalle viscere di una misericordia che è piantata nel cuore dell’uomo, il cuore che è il centro della vita, la memoria di ogni relazione, di ogni dialogo, di ogni ascolto.
Ciò che è ignoto non si svela, non toglie il velo del suo segreto se non nasce un innamoramento nel profondo, se non si impara a riconoscere e a gustare il sapore di sé e il sapore dell’altro e da quel sapore partire per inventare nuovi innesti di sapori che non cancellano quello originario, ma lo aprono a fragranze inesplorate.
“L’anima” - afferma Bousquet,”è analoga alla mano : come la mano è strumento di strumenti”[2].
Ma che cos’è la parte ignota se non l’ombra,quella zona inesplorata che chiede di essere ri--conosciuta? “…la parte più oscura del nostro essere, l’aspetto notturno della nostra personalità, che solo la carica dirompente delle emozioni può farci conoscere”[3],ciò che il poeta francese Joë Bousquet definisce come il sole sotterraneo, la luce che rimane nascosta dietro quel muro di oscurità che noi stessi abbiamo alzato, quella luce che cerca una breccia possibile attraverso quel muro per poter uscire.
Innamorarsi della propria parte ignota è imparare a riconoscere quella corda invisibile che ci impedisce di scavare quella breccia per liberare la propria luce, per sentire il sapore della propria luce, liberarsi per aiutare, poi, gli altri a liberarsi : l’écouteur d’âmes, il counselor lavora su se stesso prima di poter lavorare sugli altri, prima di poter offrire counseling come diaconia alla persona.
Ed è un lavoro di riconoscimento di se stesso, innanzitutto, è un situarsi nel mondo in modo consapevole. ”L’atto di fede in se stessi – scrive A.Carotenuto (op.cit.p.127) è un salto di qualità formidabile, che presuppone la capacità di riconoscere che ognuno ha bisogno soprattutto di se stesso, che ognuno è la prima persona in grado di aiutarsi. E’ un passaggio psicologico molto importante per l’acquisizione di un’autonomia personale”. Il counselor deve imparare ad educarsi e ad educare aprendo cammini di libertà nella convinzione che la libertà è il trasversale assoluto in ogni percorso di maturità e di crescita.
“Essere counselor - scrive la psicologa Emanuela Mazzoni- significa anche questo; entrare in contatto con una persona tanto velocemente quanto intensamente, accendere una discussione importante, confrontarsi e poi lasciare che la persona faccia la sua scelta e trovi in se stessa le risorse per metterla a regime. Non risolvere il problema, ma insegnare a farlo, in poco tempo, con grande precisione. Evitando di condizionare esercitando pressioni reiterate nel tempo (come nella propaganda e nella pubblicità, o come insegnano le tecniche di condizionamento mentale) ma solamente offrendo una visione alternativa.”[1]dove al lemma Counseling si legge : ”Relazione d’aiuto che muove dall’analisi dei problemi del cliente, si propone di costruire una nuova visione di tali problemi e di attuare un piano di azione per realizzare le finalità desiderate dal cliente(prendere decisioni, migliorare relazioni,sviluppare la consapevolezza, gestire emozioni e sentimenti, superare conflitti).
La corda invisibile
Quando si inizia un percorso di innamoramento della parte ignota,quando si cominciano ad attraversare i sotterranei dell’anima, sembra che gli strumenti per imparare a farsi strada, ad aprirsi nuovi valichi si propongano da soli. E’ camminando che s’apre cammino - direbbe De Paoli. Ultimamente storie raccolte qua e là, autentiche perle di saggezza si stanno raccontando a me e io le sto mangiando imparando a riconoscere il sapore dei loro insegnamenti e apprendendo anche un nuovo modo di fare counseling attraverso la narrazione.
Voglio raccontare a quelle parti ignote di me stessa la storia della corda invisibile.[4]
Il counselor che sta nascendo in me mi e-duca a non burlarmi dell’ asino di questa storia.
Non siamo anche noi schiavi delle nostre abitudini, o peggio ancora, schiavi delle nostre abitudini mentali? Domandiamoci quale corda invisibile ci impedisce di progredire ,di innamorarci della nostra parte ignota, di liberarla, di orientarla, di renderla autonoma.[5]
“Operare una scelta consapevole – sottolinea E.Mazzoni nell’articolo Essere counselor(vdi sito : http://www.prepos.it/)- significa essere liberi dai condizionamenti. Il counselor interviene per recidere i condizionamenti che sono alcune amicizie troppo forti, giudizi stereotipati, bisogni affettivi che impastoiano la propria possibilità di vedere senza “prosciutto sugli occhi”. Il counselor con delicatezza scosta il prosciutto dagli occhi, per vedere cosa c’è oltre, poi discute di quello che si vede.
Il counselor che sta nascendo in me mi e-duca a non burlarmi dell’ asino di questa storia.
Non siamo anche noi schiavi delle nostre abitudini, o peggio ancora, schiavi delle nostre abitudini mentali? Domandiamoci quale corda invisibile ci impedisce di progredire ,di innamorarci della nostra parte ignota, di liberarla, di orientarla, di renderla autonoma.[5]
“Operare una scelta consapevole – sottolinea E.Mazzoni nell’articolo Essere counselor(vdi sito : http://www.prepos.it/)- significa essere liberi dai condizionamenti. Il counselor interviene per recidere i condizionamenti che sono alcune amicizie troppo forti, giudizi stereotipati, bisogni affettivi che impastoiano la propria possibilità di vedere senza “prosciutto sugli occhi”. Il counselor con delicatezza scosta il prosciutto dagli occhi, per vedere cosa c’è oltre, poi discute di quello che si vede.
In psicologia del cambiamento si passa da una fase di immobilità, ad una di reperimento delle risorse, a quella di attivazione delle energie, infine alla presa decisionale.
Per innescare tale processo ed arrivare alla decisione c’è bisogno dell’innesco, come la dinamite ha bisogno del fiammifero. Diciamo che il counselor fa il fiammifero, cercando di fare luce sopra l’apparente confusione, aumenta la consapevolezza e poi scompare per lasciare libera la persona. Perché la crescita si stabilizzi e l’appreso diventi stabile risorsa della persona, c’è infatti bisogno che essa stessa metta in gioco qualcosa di sè.”
“La capacità di svincolarsi da legami soffocanti – chiarisce Carotenuto (op. cit. 128)…nasce dalla presa di coscienza di esistere in prima persona, di essere individualmente titolare di diritti,di doveri e di potenzialità creative”.
In questo senso, il counselor non può diventare, deve fare in modo di non diventarlo, un’altra corda invisibile per i suoi clienti,non deve creare dipendenze di nessun genere, ma la sua diaconia deve essere una diaconia di liberazione per se stesso e per gli altri. Egli deve imparare ad individuare i nodi invisibili che legano dentro e liberare il sapore particolare, irripetibile che ogni uomo porta in sé.
“La capacità di svincolarsi da legami soffocanti – chiarisce Carotenuto (op. cit. 128)…nasce dalla presa di coscienza di esistere in prima persona, di essere individualmente titolare di diritti,di doveri e di potenzialità creative”.
In questo senso, il counselor non può diventare, deve fare in modo di non diventarlo, un’altra corda invisibile per i suoi clienti,non deve creare dipendenze di nessun genere, ma la sua diaconia deve essere una diaconia di liberazione per se stesso e per gli altri. Egli deve imparare ad individuare i nodi invisibili che legano dentro e liberare il sapore particolare, irripetibile che ogni uomo porta in sé.
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[1]Dizionario essenziale di Counseling, a cura dello staff di Prevenire è Possibile, Litograf Editor s.r.l.Cerbara, Città di Castello Febbraio 2006
[2]J.Bousquet, Da uno sguardo un altro. p. 68,Rimini, Panozzo Editore,1987. Così commenta A.Carotenuto l’affermazione di Bousquet.”Così come le mani sono gli strumenti attraverso cui l’uomo si accosta agli oggetti per conoscerli e trasformarli, forgiandoli a sua immagine, l’anima è lo strumento mediante il quale possiamo accedere a una comprensione “interiore”della realtà”(ibid.141)
[3]A. Carotenuto I sotterranei dell’anima. Tra i mostri della follia e gli dèi della creazione. p. 110, Milano,Tascabili Bompiani 2001
[4] Un contadino si recava al mercato con tre dei suoi asini per vendere il suo raccolto. La città era lontana e ci volevano diversi giorni per raggiungerla. La prima sera, si fermò per riposarsi non lontano dalla casa di un vecchio eremita. Nel momento di legare il suo ultimo asino, si accorse che gli mancava una corda.
“Se io non lego il mio asino, si disse, domani se ne sarà scappato verso la montagna!”.
Salì in groppa al suo asino dopo aver ben legato gli alti due e si diresse verso la casa del vecchio eremita. Quando arrivò, chiese al vegliardo se poteva dargli una corda . Il vecchio da tanto tempo aveva fatto voto di povertà e non possedeva nemmeno una corda, tuttavia, rivolgendosi al contadino, gli disse:”Ritorna alla tua tenda e come le altre volte fai il gesto di passare una corda attorno al collo del tuo asino e non dimenticare di far finta di legarlo ad un albero” .
Perso per perso,il contadino fece esattamente ciò che gli aveva consigliato l’eremita. Il giorno dopo,non appena si svegliò, il primo sguardo del contadino fu per il suo asino. Era sempre là ! Dopo aver caricato i tre asini,decise di mettersi in cammino, ma nonostante tutti i tentativi per tirare il suo asino,spingerlo,non approdò a nulla. L’asino rifiutava di spostarsi. Disperato,ritornò dall’eremita e gi raccontò la sua disavventura. "Hai tolto la corda?" gli chiese il vegliardo. "Ma non c’è nessuna corda!"rispose il contadino .
“Se io non lego il mio asino, si disse, domani se ne sarà scappato verso la montagna!”.
Salì in groppa al suo asino dopo aver ben legato gli alti due e si diresse verso la casa del vecchio eremita. Quando arrivò, chiese al vegliardo se poteva dargli una corda . Il vecchio da tanto tempo aveva fatto voto di povertà e non possedeva nemmeno una corda, tuttavia, rivolgendosi al contadino, gli disse:”Ritorna alla tua tenda e come le altre volte fai il gesto di passare una corda attorno al collo del tuo asino e non dimenticare di far finta di legarlo ad un albero” .
Perso per perso,il contadino fece esattamente ciò che gli aveva consigliato l’eremita. Il giorno dopo,non appena si svegliò, il primo sguardo del contadino fu per il suo asino. Era sempre là ! Dopo aver caricato i tre asini,decise di mettersi in cammino, ma nonostante tutti i tentativi per tirare il suo asino,spingerlo,non approdò a nulla. L’asino rifiutava di spostarsi. Disperato,ritornò dall’eremita e gi raccontò la sua disavventura. "Hai tolto la corda?" gli chiese il vegliardo. "Ma non c’è nessuna corda!"rispose il contadino .
[5] “Questo discorso porta ognuno di noi a chiedersi quale sia la propria immobilità,la propria zona d’ombra. spesso noi stessi siamo gli artefici della nostra immobilità, secondo le circostanze che ci siamo procurati….In molti casi è necessario un intervento tempestivo,senza il quale si rischia di rimanere immobili per anni….Ognuno darà un nome alla propria “immobilità” . “…per ognuno di noi il cammino verso l’autocoscienza si configura come un terreno fecondo di resurrezioni ,perché, nel momento in cui ci interroghiamo, lasciamo il luogo angusto delle nostre paralisi e navighiamo verso orizzonti aperti “A. Carotenuto(ibid. 130,131,153)
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