venerdì 31 maggio 2013

Riappropriarsi della tenerezza infantile

D.ssa Sarah Paluzzi

 


 
Qualche tempo fa, presso l'asilo nido-scuola materna dove svolgo il ruolo di educatrice, è stata lanciata l'idea che fossero le stesse educatrici e maestre, a turno, a fare una metaformazione alle altre colleghe.
Il primo pensiero che ho avuto è stato, come mia consuetudine,  negativo:
“ no, e io che posso insegnare?”
Poi la mia parte più sicura, che da un po' sta alacremente lavorando per diventare dominante, mi ha detto:
“ puoi farlo! Puoi formare gli altri!”.
Così ho iniziato a lambiccarmi il cervello per trovare un tema adatto.
Avevo l'argomento sotto il naso, ma continuavo a non vederlo.
All’improvviso, come sempre accade, l'illuminazione: avrei condiviso con le mie colleghe la teoria delle personalità della scuola di counseling relazionale  “prevenire è possibile”!
Ora rimaneva “solo” da trovare il modo di presentare il Seminario nel modo più funzionale .
Non mi piaceva per niente l’idea di parlare a raffica per due ore  con una lezioncina striminzita e teorica.
Così, buttato giù un canovaccio di argomenti da presentare, ho immaginato un incontro interattivo, un laboratorio relazionale, nel quale lasciare al gruppo delle partecipanti la possibilità di vivere una calda atmosfera di confronto e scambio intimo.
Intendevo parlare di personalità prendendo spunto dai “nostri” bambini, raccontandoli e definendoli attraverso le loro emozioni e, poi,  proponendo suggerimenti o spunti per offrire dei progetti educativi personalizzati e collettivi più specifici.
Mi sembrava, a dire il vero, un’idea veramente molto ambiziosa quella di condurre in questo modo l’attività. E quello che in cuor mio desideravo potesse accadere durante l'incontro, è “magicamente” avvenuto...
Ognuna delle partecipanti, mie colleghe e amiche, ha ritrovato e rimesso in gioco la propria parte bambina, riconoscendone le emozioni e i bisogni, riscoprendoli, riappropriandosi di quella tenerezza infantile trascurata da tempo e bisognosa di essere attivata e riattivata o perdonata, laddove rende vulnerabili nel presente.

Tutte insieme, io come formatrice e loro come partecipanti, ci siamo ritrovate catapultate in un'altra dimensione temporale  e  soprattutto in un'altra dimensione emotiva: non c'erano giudizi, non c'erano svalutazioni, non c'erano né paura né timore.
Penso che lavorare sul passato ci permetta un presente consapevole e un futuro migliore.
Stava accadendo ciò che desideravo: avremmo lavorato sui bambini “dopo” aver lavorato su noi stesse; questo ci avrebbe permesso di aprirci all'empatia e all'osservazione senza pregiudizi o condizionamenti.
Guidate quasi esclusivamente dalla cornice affettiva che ci conteneva tutte, ciascuna delle partecipanti al Seminario di formazione ha compreso perché talune modalità comunicative risultavano più o meno efficaci a seconda del bambino e quali strategie relazionali alternative possano essere attivate in modo più funzionale.
Ognuna ha trovato, all’interno del gruppo, il giusto spazio per far emergere la parte bambina e per poi ritrovare, più salda e consapevole, quella adulta nella sua dimensione affettiva e professionale.
Quel giorno si è innescato in molte un nuovo modo di pensarsi e di pensare la relazione con i piccoli da educare.
In questa prospettiva, l'educatrice non è più solo una figura che accudisce fisicamente il bambino,  seguendo protocolli generici.
Mi sembra di aver offerto a me e alle mie colleghe l’opportunità di dare una dignità nuova al nostro lavoro, orientandoci verso una migliore attitudine all’autoriflessività e alla  riflessività relazionale, che consenta il passaggio costante dal Sé all’altro da Sé, muovendoci interiormente  con facilità dal presente al passato e insieme nella prospettiva dell’espansione evolutiva nostra e dei nostri bambini.

I nostri piccoli vengono inseriti al nido prestissimo, molti  al compimento del quarto mese dalla nascita, appena inizia lo svezzamento.
Con le educatrici alcuni  trascorrono la maggior parte del tempo infrasettimanale.
E’ il loro luogo primario di vita, crescita e socializzazione.
La possibilità di trovare fin da così piccoli, in ambito scolastico,  adulti consapevoli delle potenzialità di ciascun bambino, capaci di accompagnarli nel loro cammino senza categorizzare, né valutare esclusivamente le loro potenzialità attraverso angusti elenchi di abilità acquisite e non, è davvero un sogno che vorrei potesse divenire realtà, affinché per ognuno di loro il percorso che porta dal nido alla scuola primaria  sia unico e speciale.

Invece il cento c’è
Il bambino
è fatto di cento.

Il bambino ha
cento lingue
cento mani
cento pensieri
cento modi di pensare
di giocare e di parlare

cento sempre cento
modi di ascoltare
di stupire di amare
cento allegrie
per cantare e capire

cento mondi
da scoprire
cento mondi
da inventare
cento mondi
da sognare.

Il bambino ha
cento lingue
(e poi cento cento cento)
ma gliene rubano novantanove.

Gli dicono:
di pensare senza mani
di fare senza testa
di ascoltare e di non parlare
di capire senza allegrie
di amare e di stupirsi
solo a Pasqua e a Natale.

Gli dicono:
di scoprire il mondo che già c’è
e di cento
gliene rubano novantanove.

Gli dicono:
che il gioco e il lavoro
la realtà e la fantasia
la scienza e l’immaginazione
il cielo e la terra
la ragione e il sogno
sono cose
che non stanno insieme.

Gli dicono insomma
che il cento non c’è.
Il bambino dice:
invece il cento c’è.
-- Loris Malaguzzi (scheda)


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