venerdì 16 dicembre 2011

Partire dal frammento


             Carmela Mantegna


Ciascun uomo – scrive lo Psicoterapeuta Vincenzo Masini -  manifesta una particolare esperienza nel vivere emozioni e sentimenti,ma in tutti c’è tutto. Ciascuno vive tutte le diverse emozioni  ma,per ciascuno,assumono un particolare risvolto,a seconda dello specifico vissuto che sta alla radice del suo modo di essere”(1)

Mi piace soffermarmi sull’espressione del Dottor Masini  in tutti c’è tutto perché vi leggo tutte le potenzialità,le possibilità e le risorse che ogni individuo racchiude in sé . Quel tutto apre ai cambiamenti ,alle varie tappe della vita,ai ribaltamenti delle prospettive che spesso sono logorate dalla monotonia del déjà vu e del déjà fait .
C’è ancora tanto da vedere,invece,e tanto da fare per tutti,cioè per ciascuno :me inclusa.
La capacità di guardare avanti  -  scrive Carotenuto – è direttamente legata alla capacità di svincolarsi dal passato”[2].
Siamo noi stessi a stringere il raggio  e a non far ricongiungere il frammento con il tutto,a dimenticare che non si può dare frammento senza  totalità e totalità senza frammento,ma che l’uno non esclude l’altro in un armonioso richiamo di reciprocità nel superamento,nella crescita,nella metamorfosi continua .
Ma perché il tutto possa esplodere dal frammento, “….affinché sia possibile tale dilatazione dell’essere,è giocoforza essere prima  potati,liberati da tutto ciò che può frenare tale percorso”. (Carotenuto ibid. 83).
L’anima ha bisogno di essere di tanto in tanto rinfrescata ” – ci ricorda sapientemente Clarissa Pinkola Espés- “….il grande lavoro che ci aspetta è quello di imparare a comprendere quanto attorno e su di noi e quanto dentro di noi deve vivere, e che cosa deve morire. Il nostro lavoro consiste nell’apprendere il ritmo di entrambe le cose,consentire a ciò che deve morire di morire,e a ciò che deve vivere di vivere”.[3]

E’ finalmente il desiderio del tutto che deve alimentare il frammento ,è il desiderio di riconoscersinella novità del  tutto e intravedere ogni possibilità di trascendersi,accettando ogni potatura,ignorando ogni rumore che possa frenare la  corsa verso il tutto,verso l’armonia degli opposti. E’ disponibilità a sciogliersi come frammento nel tutto per ritrovarsi con un abito nuovo e non rattoppato.
“Nessuno cuce una toppa –leggiamo nel Vangelo di Marco(2,18-22)- di panno grezzo su un vestito vecchio;altrimenti il rattoppo nuovo squarcia il vecchio e si forma uno strappo peggiore. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi,altrimenti il vino spaccherà gli otri e si perdono vino e otri,ma vino nuovo in otri nuovi”.

Assaporare la bontà della  vita nuova è  uscire da sé, è aprire le porte sprangate dentro di noi, agire,essere agenti più che agiti dalle situazioni,dalle emozioni,dagli altri.

«  Altre persone possono lanciarci dei richiami. L’universo ci dà dei segnali. Potrebbe darsi che questi appelli corrispondano a quello che succede dentro di noi. Dobbiamo fare piazza pulita dei lutti e delle ferite. I sogni della nostra giovinezza non invecchiano mai. Essi ci inseguono”(Intervista rivolta a Jean Monbourquette)
 Forse dovremmo rovistare nel cassetto dove abbiamo chiuso per tanto tempo i nostri sogni,i nostri desideri più profondi,che hanno conservato l’età in cui sono nati, non si sono mai spenti,ma non sono mai cresciuti,sono rimasti lì ,come in una lista di attesa,ad aspettare il loro turno.
Sono come bloccati in un archivio di chissà quale delle nostre vite mentre la vita ci attraversava.

Ciò che chiamiamo vuoti dell’essere non hanno in verità una entità ,una esistenza ontologica. Ciò che noi “vediamo” ,”sentiamo”, in realtà, è la pienezza. Noi possiamo parlare di vuoto solo se percepiamo il pieno. Il vuoto non esiste se non in stretta dipendenza del pieno.
E’ il pieno che ti fa cogliere il vuoto e non viceversa..

E’l’infinito a cui anela la nostra finitezza ed ogni senso di vuoto ,quella sensazione di una mancanza avvertita dentro di noi è ,in verità,lo spazio che vuole essere riempito per gustare la pienezza. Dentro di noi il finito e l’infinito si richiamano ,il tempo e l’eterno non si oppongono ,ma il primo tende all’altro. Il nostro senso di inadeguatezza nasce da questo desiderio di andare oltre
Diventa proprio necessario in alcuni momenti ripulire il fiume ,dirsi la verità,confrontarsi con se stessi,partire dalframmento,guardarsi dentro con onestà, affacciati alla finestra della nostra umanità e imparare a riconoscere quel vuoto che vuole essere riempito. Quella parola non detta o attesa. Quella percezione di deserto attorno a noi. Quella sofferenza diffusa. Quella gioia sognata . Quella incompiutezza indefinibile. Tutto, niente. Quel poco che a volte diventa un macigno perché ti rotola continuamente indietro. Quel poco che diventa pesante perché ti fa prendere consapevolezza di tutto.
L’analista C.P.Estés nell’opera già citata parla di canzone della consapevolezza ,il canto dell’io ,quando scrive :
A che cosa devo dare più morte oggi,per generare più vita?che cosa dovrebbe morire,e lo so,ma esito a permetterlo?che cosa deve morire in me perché possa amare?Quale non-bellezza temo?A che mi serve il potere del non-bello oggi?che cosa dovrebbe morire oggi?che cosa dovrebbe vivere?A quale vita temo di dar nascita?E se non ora,quando? Se cantiamo la canzone della consapevolezza,fino a sentire il bruciore della verità,gettiamo un fuoco nell’oscurità della psiche in modo da vedere che cosa stiamo facendo….che cosa stiamo veramente facendo,e non quel che ci piace pensare. Ecco come sbrogliare i propri sentimenti”(ibid. p. 153-154).
Cantare a se stessi la canzone della coscienza che guarda dentro di sé è slegare,snodare,liberare,sciogliere le proprie emozioni perché diventino sentimento,perché il  sapore della consapevolezza restituisca a noi stessi  ciò che veramente siamo,un frammento di eternità .
Ora conosco la mia cura – scrive Etty Hillesum -: accoccolarmi in un angolino e ben raccolta in me stessa… riprender contatto con un frammento d’eternità”[4]

[1]V. Masini, Dalle emozioni ai sentimenti, p. 59, Terni, Prevenire è possibile, 2001
[2]
A .Carotenuto, Attraversare la vita,p. 2, Milano, Bonpiani, 2001
[3]
C.Pinkola Espés, Donne che corrono coi lupi. ll mito della donna selvaggia, p. 36; 33, Piacenza, Ed. Frassinelli 2004
[4]
E.Hillesum, Diario 1941-1943, p.61,Milano, Adelphi, 1992
 

 

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